Storia della chirurgia plastica
Il fascino della bellezza, da sempre attira l’uomo che nei secoli si è fatto suo cultore, promotore e interprete. L’ideale del bello pervade la storia umana e di questo troviamo traccia da tempo immemorabile. Oggi la chirurgia estetica ci permette di andare oltre l’acconciatura, oltre il monile, oltre l’abito, il trucco, il maquillage. La chirurgia estetica consente di cambiare la conformazione stessa di quello che la natura ha stabilito, allargando le possibilità umane in un ambito prima relegato, se non alla pura fantasia, a tentativi al limite tra l’alchemico e il magico.
Le radici della chirurgia estetica affondano quasi quanto quelle della stessa storia dell’uomo. Ma sono i mezzi tecnologici e le scoperte scientifiche a cambiare radicalmente il progresso della chirurgia. Fortissimi propulsori per la ricerca e l’avanzamento delle procedure sono l’introduzione delle prime pratiche anestetiche, nel 1846, e soprattutto gli antisettici, nel 1867, che riducono drasticamente i decessi per setticemia e determinano l’inizio del periodo d’oro della chirurgia.
Queste due scoperte segnano anche una grossa divisione virtuale ideologica: se prima il ricorso alla chirurgia era dettato esclusivamente dalla necessità, nel corso del XIX secolo comincia ad affermarsi e a delinearsi un tipo di pratica medica con un fine completamente diverso: la bellezza.
L’illuminismo. L’obiettivo? Belli e felici
La chirurgia estetica come branca indipendente dalla chirurgia ha radice nell’Illuminismo. La pratica chirurgica, nel XIX secolo poteva essere attuata con dolore ridotto e pochi rischi d’infezione (anche se la profilassi e l’anestesia erano ancora ben lungi dalle prassi moderne) e la filosofia illuministica influenza anche le scienze mediche, inaugurando una fase moderna. Secondo l’Illuminismo, ciascuno è un libero individuo dotato di ragione autonoma, e al centro della questione sta il plasmare se stessi secondo un obiettivo, alla ricerca della felicità. Questi sono gli anni in cui viene coniato anche il termine “estetica”, ad opera di Immanuel Kant (1724-1804), e la filosofia del bello getta le basi della moderna chirurgia estetica.
Effettivamente, questa particolare branca della chirurgia ha richiesto nei secoli la necessità che le tecniche e le innovazioni scientifiche si affinassero a tal punto da riuscire a plasmare il corpo umano con successo. Ma non solo: perché la chirurgia estetica si affermasse davvero, i tempi dovevano maturare una cultura, figlia delle ideologie illuministe, che concepisse di poter avere il controllo su qualcosa, il corpo e le sue forme, che ideologicamente è stato predeterminato dalla Natura, e quindi, per tradizione, intoccabile e indiscutibile.
In altre parole, da questo momento l’uomo si sente libero di poter adottare qualsiasi strumento,di cui la scienza e l’esperienza disponga, per poter raggiungere il proprio ideale di felicità, sia esso anche quindi semplicemente il bello. Queste, in nuce, sono le vere fondamenta della chirurgia estetica più attuale. Costellata di fallimenti e innovazioni, di luminari lungimiranti e di oscurantismo, la lunga via della bellezza per mano chirurgica è comunque affascinante e molto più antica di quanto si possa immaginare. Ma il capitolo più affascinante probabilmente è quello scritto quotidianamente dai Michelangelo del bisturi di oggi, in cui la figura del chirurgo plastico estetico vive in un’aura di commistione armoniosa tra arte e scienza, tecnica consolidata dalla prassi e quel tocco di improvvisazione che fa di ogni opera, di ogni intervento, un unico. Perché, questa la strada futuribile della chirurgia, ogni persona è un’architettura irripetibile e l’omologazione è ormai un capitolo chiuso.