Storia: Dal peeling del Faraone alla plastica del Rinascimento

La storia della medicina cammina di pari passo con la storia della bellezza. Non esiste infatti un periodo storico in cui l’uomo non abbia cercato tecniche e strategie per apparire più bello, dalle pratiche cosmetiche, a quella che oggi definiremmo body art, tatuaggi, scarificazioni, cicatrici estetiche, piercing, fino ad arrivare a pratiche che sono le vere antesignane della chirurgia estetica.

La chirurgia estetica nell’antico Egitto

Già nell’antico Egitto, in un periodo stimato come 3000 anni a.C., in un papiro è descritta una pratica che ricorda verosimilmente un peeling. In quest’area geografica si sviluppò un vero culto ed una correlata cultura moderna del bello, raggiunto anche con mezzi chirurgici. La profonda conoscenza anatomica del corpo umano, data probabilmente dall’arte dell’imbalsamazione, ha spinto la pratica chirurgica a tal punto da descrivere minuziosamente come deve essere allestita una sutura e come si medicano ferite in modo da non produrre cicatrici sgradevoli alla vista (Papiro Chirurgico, circa 1600 a.C., copia di un trattato precedente risalente al 3000 a.C.). Addirittura in questi documenti viene descritta la cura delle fratture del naso con il relativo inserimento nelle narici di due tamponi di lino intrisi di grasso.

La chirurgia estetica nell’antico Oriente

Anche in Oriente si sviluppa in parallelo l’arte della bellezza chirurgica, con geniali testimonianze cinesi di ricostruzioni estetiche di orecchi e labbra (circa 600 a.C.). I medici cinesi Bian Que (V secolo a.C.) e Hua Tuo (150- 208 circa d.C.) scrissero testi in cui descrivevano i metodi di cura di orecchie e occhi dei pazienti. In Cina, il divieto tradizionale di incidere il corpo ha limitato tutti i tipi di intervento chirurgico fino a tempi abbastanza recenti: è solo nel primo periodo delle dinastie T’ang e Gin a metà del X secolo a.C. che i testi medici cominciarono a documentare la chirurgia ricostruttiva del labbro leporino.

In India, invece, la rinoplastica veniva realizzata per ricostruire esternamente la piramide nasale amputata come punizione per adulterio, e sorprendono testimonianze così antiche (2100 a.C.) di tecniche che vennero usate fino a tempi recenti (ricostruzione con lembi cutanei prelevati dalla fronte o dalla guancia).

 

Gli arabi e la chirurgia estetica degli occhi

Dagli arabi provengono poi i primi segni di un rinnovato interesse nei confronti dell’estetica facciale: Albucacis, nato nei pressi di Cordoba, in Andalusia, descrive, verso la fine del primo millennio, un intervento di blefaroplastica eseguito con la cauterizzazione. E sono degli stessi anni testimonianze che tramandano dell’usanza di tatuare la cornea degli schiavi per renderli più interessanti.

 

La chirurgia estetica nel mondo classico

Sorprende poi la descrizione di Paolo di Egina, un medico alessandrino del VII sec. a.C., che descrive come eliminare la ginecomastia (la presenza di un seno sviluppato sugli uomini), tenendo conto anche del disagio sociale che questo difetto procura.

Ma è con il padre della medicina cosiddetta moderna, il medico greco Ippocrate (V sec. a.C.), che le tecniche e la filosofia medica restano insuperate per secoli, e il cui pensiero etico è tutt’oggi alla base della professione sanitaria.

Nel mondo romano spicca, nel I sec. a.C., l’enciclopedista Aulo Cornelio Celso, che sottolinea l’importanza di una bella sutura e descrive tecniche per la bellezza del viso.

Plinio il Vecchio (23/24 d.C. – 79 d.C.) invece dà i natali ad una tecnica che ricorda molto la liposuzione, sperimentata “eroicamente” per trattare l’obesità sul figlio del console L. Apronio, poi ripresentata nella storia ad opera di un chirurgo del 1190 che praticò una vera adipectomia all’addome del conte Conte Dedo Von Rocblitz Groitzseh.

Il tramonto della chirurgia estetica nel Medioevo

Ma la chirurgia incontrò nei secoli l’insormontabile scoglio dell’oscurantismo religioso e della chiusura culturale, che vedeva nella pratica chirurgica un qualcosa di negletto da aborrire con ogni forza. La credenza diffusa era che difetti, disagi e malattie fisiche altro non fossero che manifestazioni di un male mentale o dell’anima o, peggio, una meritata punizione divina. Anche le cure chirurgiche dettate dalla necessità, come l’incisione di un ascesso o la rimozione di un dente erano relegate a semplici “manovali”, non certo medici, come i barbieri. Anche le mutilanti e invalidanti ferite di guerra quindi per lungo tempo non vennero trattate e la chirurgia divenne la sorella povera e dimenticata della nobile medicina.

 

Il Rinascimento e la rinascita della chirurgia plastica

Solo con il Rinascimento l’attenzione al bello pervade anche la sfera medica, tornando a far parlare di una sorta di chirurgia estetica.

Il “pretesto” per tornare a parlare di ricostruzione plastica di alcuni organi fu dato dalla diffusione della sifilide, malattia venerea epidemica importata dal Nuovo Mondo, attorno al XVI secolo.

La sifilide lasciava danni molto deturpanti e immediatamente riconoscibili sul volto dei malati, in particolare al naso, la cui struttura cedeva letteralmente. La nuova chirurgia plastica estetica dunque ebbe il compito di ricostruire esteticamente una piramide nasale che permettesse al malato di presentarsi di nuovo in società. Un antico storico di chirurgia estetica, il tedesco Otto Hildebrand (1858- 1927), anch’egli chirurgo ricostruttivo, notò la relazione tra la nuova estetica del Rinascimento, la diffusione della sifilide (che causò menomazioni e deformità) e la rinascita della chirurgia plastica.